DILLER+SCOFIDIO : L'INAFFERABILE CONFINE TRA ARTE E ARCHITETTURA

DILLER+SCOFIDIO:
L'INAFFERABILE CONFINE TRA ARTE E ARCHITETTURA
Il libro di Antonello Marotta  ci proietta nel mondo astratto e complesso del duo americano composto da Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio.In questo testo l'autore non si limita a commentare il loro percorso e le loro opere bensì si propone di indagarne il pensiero artistico/architettonico addentrandosi negli articolati meccanismi che regolano il modus operandi di questi straordinari architetti. Benchè entrambi si siano formati come progettisti, i primi passi che D+S compiono come rappresentanti di un vasto movimento culturale nella fine degli anni '70 è di'impronta puramente artistica e si manifesta principalmente sotto forma di istallazioni. I temi che cercano di catturare attraverso queste opere sono molteplici e di forte complessità concettuale, su tutti prevale una costante rappresentazione, attraverso una lente macabra e premonitrice, di una realtà oramai governata dll'informazione e dal dato dove i media  hanno un'influenza cruciale sulla vita dell'uomo che invece vive tranquillamente forte della sua inconsapevolezza. Le opere sono dunque connotate da un'immagine futurista che fa dello schermo l'indiscusso protagonista in quanto oggetto-ponte tra l'informazione e l'uomo.

Si viene a creare dunque una situazione paradossale nella quale l'oggetto denunciante è a sua volta l'oggetto denunciato evidenziando ancora uno scenario contraddittorio e articolato figlio di una società che sta affrontando un fondamentale cambio di paradigma.
Il più grande talento dello studio statunitense è quello di riuscire a trasformare queste stesse tematiche in architetture concrete, fortemente espressive e tecnologicamente innovative. Il dibattito storico riguardante la classificazione dell'architettura nel mondo della scienza o in quello dell'arte sembra scomparire di fronte alle opere di Diller+Scofidio, la coppia mantiene infatti lo stesso livello comunicativo delle istallazioni aggiungendo inoltre la potenza espressiva propria dello spazio riuscendo così ad ottenere un linguaggio avanguardista in grado di scardinare i preconcetti dettati dalle esperienze passate e  riscriverne di nuovi, in quanto destinati ad una nuova società che risponde a nuovi stimoli. Alla profonda ricerca concettuale si accosta inoltre la costante ricerca di nuove tecnologie finalizzate per lo più a rendere l'elemento architettonico sempre più in grado di interagire con chi lo vive. Gli spazi museali, categoria progettuale nella quale il duo fa scuola, vengono pensati per essere essi stessi opera d'arte sopraelevandosi dal ruolo di semplici involucri e diventando parte integrante del percorso culturale del museo.
L'ultimo focus progettuale, forse quello più emblematico e rappresentativo di D+S, ha come protagonista il Blur, il padiglione espositivo temporaneo per l'expo svizzera del 2002. La struttura pensata dagli architetti è chiamata a rispondere al tema "io e l'universo" e decide di farlo attraverso la pura astrazione. l'edificio è infatti dotato di più di 30.000 ugelli ad alta pressione in grado di vaporizzare l'acqua facendo scomparire l'edificio all'interno di una nuvola artificiale sospesa su un lago. Il risultato è quello di un'architettura impalpabile caratterizzata da una non forma o meglio da infinite forme in grado di interagire con lo spettatore evocando allo stesso tempo i temi della futilità e dell' istantaneità, entrambe riflessioni tematiche che difficilmente vengono generate da un'opera di architettura. In questo edificio coesistono inequivocabilmente le emozioni di un'opera d'arte e l'eleganza progettuale e tecnologicamente risolta di capolavoro architettonico.

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